lunedì 10 agosto 2009

1. Il principio della forza bruta

“Lasciateci avere meno armi e più istruzione” grida al mondo una donna araba (MERNISSI 2002: 199). Povera illusa: l’istruzione non ti dà alcun vantaggio e, se non disponi della forza necessaria a far valere le tue ragioni, a nulla serviranno le tue conoscenze.
Allo stesso modo che alle origini della storia, ancora oggi, nei rapporti sia fra gli individui che fra gli Stati, conta di più la forza delle armi che quella del diritto. È una storia che si ripete da cinquemila anni in qua, sempre diversa nei dettagli, ma uguale nella sostanza: un susseguirsi di centri di potere che sorgono, dominano su vaste aree del mondo e poi declinano, sempre in virtù del supremo principio della forza bruta. “Il mezzo per arrivare alla grandezza era (e ancora è) la conquista” (DURSCHMIED 2004: 466). Così è avvenuto per le grandi civiltà, che si sono certo imposte all’attenzione del mondo intero grazie alla loro superiorità culturale, ma se non si fossero armate non avrebbero potuto né affermarsi, né consolidarsi e durare. È grazie all’impiego della forza armata che hanno potuto affermarsi i fondatori di dinastie, i re, i faraoni, gli imperatori e i grandi signori, che hanno scritto le pagine più significative della storia degli uomini. Alcuni di essi sono rimasti giustamente famosi per avere promosso importanti riforme nel campo dell’ordinamento sociale e del diritto, come Hammurabi, Solone, Servio Tullio, Giustiniano, Napoleone, ma nessuna di queste riforme avrebbe avuto un futuro senza il sostegno delle armi.
Come ha ricordato Kant, non c’è diritto senza forza. Nessuna meraviglia dunque se, su “3740 anni di storia documentata solo 268 giorni sono trascorsi senza che ci fosse una guerra! Per capire la storia, è indispensabile capire la guerra, e le sue conseguenze” (Durschmied 2006: 462).

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