L’instabilità dei governi è nota agli antichi e viene più volte descritta da diversi autori, come Platone, Aristotele e Polibio, i quali notano che le società umane evolvono secondo un invariante percorso ciclico. All’inizio è la legge del più forte che domina e genera una società turbolenta e instabile. Poi comincia a prevalere il desiderio di stabilità e di pace e si finisce con l’eleggere un re e affidarsi alla sua legge. Dapprima il re si comporta in modo giusto, ma poi, dimentico di essere stato chiamato dal popolo a svolgere un ruolo di servizio, si insuperbisce e pretende di governare come se fosse un dio e come se il regno fosse una sua proprietà privata e i cittadini delle pecore da tosare. Ad un certo punto i «migliori» si sollevano e, dopo averlo deposto, instaurano un governo aristocratico. Anch’essi si comportano inizialmente in modo virtuoso, ma col tempo pensano solo a se stessi e trascurano la popolazione, la quale insorge e instaura la democrazia. Dapprima il popolo si governa con saggezza, ma poi i vari gruppi cominciano a litigare e presto si giunge ad uno stato di guerra civile, dal quale si viene fuori solo eleggendo un re. Ed ecco che il ciclo ricomincia (Platone,
Rep. 545-569; Aristotele,
Etica VIII, 10,1; Polibio,
Storie VI, 9).
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