lunedì 10 agosto 2009

12. Guerra, ragion di Stato e ragione individuale

La guerra può armonizzarsi tanto con la politica quanto con la ragion di Stato ed anche con l’idea di grandezza del sovrano, ma confligge con le ragioni dei sudditi, che mettono in gioco la propria vita, in cambio di poco probabili vantaggi minori. Chi si arruola nell’esercito in vista di una guerra sa di esporsi al rischio di una probabile perdita. E allora perché lo fa? Le ragioni può essere diverse: perché è costretto, per evitare la legge marziale o la vergogna che deriva dall’essere etichettato disertore, perché non vede alternative, perché è stato convinto dalla propaganda, perché spera in un miglioramento delle condizioni di vita per sé o per la sua famiglia, perché crede fermamente che si tratta di una guerra giusta, perché si aspetta una qualche ricompensa, magari nell’aldilà, o per infiniti altri motivi. “Quando si lancia una colonna all’assalto, gli uomini che marciano in testa sanno di essere mandati a morte e che la gloria ricadrà su coloro che, salendo sui loro cadaveri, entreranno nella piazzaforte nemica; ma non riflettono affatto su questa grande ingiustizia e vanno avanti” (SOREL 1997: 304).
Però l’ingiustizia c’è ed è evidente: coloro che cadono perdono se stessi e devono rinunciare al proprio progetto di vita, cioè a tutto, mentre, per i sopravvissuti, fatte le debite eccezioni, le prospettive non cambiano in modo sostanziale. Infatti, generalmente, la maggior parte degli uomini in armi hanno redditi appena sufficienti per condurre un’esistenza dignitosa. Ebbene, anche dopo una guerra vittoriosa, la maggior parte della popolazione di un paese continua a disporre di mezzi sufficienti per condurre una vita appena decorosa. I reali beneficiari della guerra sono, dunque, solo un’esigua minoranza della popolazione di un paese. Per la maggioranza, l’esito è in perdita o in parità. Ora, io credo che la guerra sarebbe da considerare ingiusta, anche se dovesse impedire il regolare svolgimento del progetto di vita di una sola persona, ed sarebbe da ritenere doppiamente ingiusta se il sacrificio di quella persona fosse strumentale a vantaggio di un’altra. L’ingiustizia della guerra deriva dal fatto che essa arreca danno ad alcuni a beneficio di altri.

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