I grandi sovrani di tutti i tempi e di tutti i luoghi sono stati ben consapevoli dell’importanza della forza, tanto da avvertire il bisogno di ostentarla e celebrarla. Se i miei competitori sanno che dispongo di un esercito numeroso, ben equipaggiato, ben addestrato e guidato da comandanti capaci, difficilmente oseranno attaccarmi e, più probabilmente, saranno disposti a sottomettersi senza combattere o ad offrirmi la loro alleanza. Rientra in questa logica il ricorso alle parate militari o il desiderio, da parte dei grandi condottieri, di farsi accompagnare, nel corso delle loro campagne militari, da esperti cronisti, col compito di immortalare le loro vittorie e di celebrare le loro virtù. Lo scopo ultimo è quello di portare alla pubblica conoscenza l’eccelso valore del condottiero, la sua inflessibilità con chi gli si oppone e la sua misericordia con chi è disposto a piegarsi al suo volere, la sua abilità nel condurre l’esercito e la sua giustizia nell’amministrare il suo popolo, la sua forza unita alla fortuna, a testimonianza del favore degli dèi, insomma la sua legittimità al comando. Pare che il primo a fare uso di cronisti sia stato il faraone Thutmosi III in occasione della battaglia di Megiddo contro il re di Qadesh (1479 a.C.), che consentì al faraone di estendere i confini del suo impero e di incamerare ingenti bottini (DAVIS 2003: 11-5).
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